CONTENT IS KING, FINCHÉ SI FA FACT CHECKING, ALTRIMENTI RISCHIAMO IL BRAND WASHING

Content is king, ne abbiamo sentito parlare allo sfinimento, e rimane vero, fintanto che si fa fact checking. Oggi non ci possiamo più permettere di non avere all’interno del team di content creation figure specializzate nella brand protection e in tutela della reputazione.

Content is king con un nuovo approccio, un nuovo punto di vista; una contro lettura mirata a verificare e valutare costantemente i potenziali rischi. E i rischi oggi sono Washing green, pink, social, di brand.  La lista è davvero lunga e articolata. Non possiamo dunque permetterci di fare uscire dichiarazioni che non abbiano una dimostrazione oggettiva attraverso azioni e dati. Non possiamo dire “faremo”, dobbiamo asserire ciò che abbiamo fatto e mostrare i risultati.

Abbracciare una causa significa intraprendere un cambiamento sostanziale. Non sono parole, ma impegno attraverso azioni concrete.

LA NARRAZIONE È A POSTERIORI E L’IMPEGNO DEVE ESSERE “CONTRATTUALIZZATO”

Presi dalla voglia di essere presenti con i contenuti programmati, desiderosi di rispettare le scadenze e soddisfare così i punti di un contratto e le esigenze di un algoritmo che ci premia per la persistenza, rischiamo di voler dire troppo;  prima ancora di avere messo in pratica azioni concrete e scivolare così in Washing.

I consumatori per scegliere vogliono scelte valoriali e prese di posizione. Un gioco di parole che descrive esattamente la competitività di mercato. Si tratta di valori che il brand ha e condivide con i consumatori, non più solo qualità nel prodotto; ma scelte etiche e valoriali attraverso le quali possiamo condividere la visione, il pensiero e lo spirito di appartenenza. Quello spirito che ci muove a sentirci parte di e ci spinge a contribuire sempre più (ne ho parlato nel mio ultimo libro Ufficio stampa e digital PR, la nuova comunicazione – Hoepli Editore).

Comunicare non basta, anzi diventa un rischio se non vi sono azioni concrete e dati che testimoniano le attività in essere e i risultati ottenuti. Come facciamo a capire se il brand che abbiamo scelto lo sta facendo per vocazione o per mero interesse economico? 

Scottati da casi ormai quotidiani di “narrazioni prive di dati oggettivi e di numeri a supporto” e dunque di quei fenomeni di facciata che dichiarano cose straordinarie ma senza nessun fondamento; ci troviamo di fronte a quello che viene definito Brand Washing. Una narrazione che serve per raccontare valori per aumentare le vendite, senza nessuna presa di coscienza reale del problema o di azione concreta a medio-lungo termine.

Un risveglio di coscienza che non genera nessun movimento, nessuna azione, dato, contratto a medio-lungo termine con chi realmente conosce queste cause e ne ha fatto il proprio scopo.

ATTENZIONE AI WASHING SOPRATTUTTO PERCHÉ CONTENT IS KING

Non possiamo raccontare ciò che non avviene! Ma soprattutto dobbiamo narrare con il supporto di dati e informazioni specifiche, precise e circostanziate. Ci servono figure specializzate che sappiano utilizzare correttamente i termini tecnici e soprattutto che ne conoscano il significato in maniera approfondita. Non si comunica per il “gusto di comunicare”, si comunica per raccontare ciò che abbiamo realizzato, come, con chi, ottenendo risultati precisi e puntuali.

Non sapere i termini corretti ci mette profondamente a rischio, soprattutto se parliamo di Green, di biodegradabilità, ma questo è solo un piccolo esempio. Le declinazioni di Brand Washing sono davvero molte: green, pink, rainbow, social, e tutte convergono in un punto: non sono verità complete se non addirittura distanti dalla realtà dei fatti.

COME FARE PER EVITARE WASHING?

Parlando di Content is King, la risposta più semplice e diretta è: non mentire, ma investire realmente in una causa e perseguirne valori, obiettivi, farla propria e viverla intensamente con chi di quella causa ne ha fatto uno scopo. Non serve mostrare di essere coinvolti in tante cause, serve credere in una e su di essa investire.

Una causa è un investimento economico, di energie, di tempo, di visione, ed è contaminazione profonda di tutto il processo, della filiera e dell’intero ecosistema. Perché dichiarare di credere in qualcosa presuppone che si faccia di tutto per essere coerenti.

Nel libro Ufficio stampa e digital PR, la nuova comunicazione (F. Anzalone – Hoepli editore) si parla molto di aspetti legati al fact checking proprio per permettere al team di non imbattersi in inesattezze, o peggio ancora in false dichiarazioni, molto difficili da recuperare in termini fiduciari. Ciò a cui si deve puntare è una causa da perseguire e un partner che se ne occupa con azioni concrete, consapevolezza e responsabilità. E inserirlo nel team comunicazione per poter raccontare a posteriori, tutte le iniziative realizzate.

Il team si deve allargare con la consapevolezza e la responsabilità di chi può portare i dati, le analisi corrette, l’attenzione necessaria alla verifica di tutti i rischi. Deve dunque inglobare quella causa all’interno di flussi, processi, comunicazioni, rivedendo ciò che esisteva prima, in funzione di questa nuova presa di coscienza.

Non possiamo solo dire, dobbiamo agire ad ogni livello e integrare quella causa, quei valori e quella visione all’interno del sistema e dell’ecosistema.

Attenzione dunque ai contenuti, ma non solo, attenzione a prendere seriamente il cambiamento che si sta per intraprendere.

 

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