Upskilling: come trasformare la formazione in un patto di fiducia permanente tra business e capitale umano

La formazione diventa un patto di fiducia permanente tra il business e il capitale umano attraverso nuove regole e ridisegnando le relazioni. Addio ai contenuti statici per tutti, benvenuta formazione in azione, personalizzata e permanente.

L’Upskilling è innanzitutto un processo, e come tale non può interrompersi continuamente e non può rimanere statico. Parliamo di acquisizione di nuove competenze e conoscenze per migliorare la qualità e la competitività professionale. Deve dunque avere un progetto a medio-lungo termine, un punto di partenza, uno di arrivo, degli obiettivi e delle tappe intermedie dichiarate che facciano percepirne i benefici. Oggi l’Upskilling necessita di “action-learning”, ovvero di conoscenze applicabili fin da subito. Non si diminuisce il carico formativo, lo si ridisegna in funzione delle nuove necessità che soddisfano sia la persona che il business e lo si evolve costantemente sia nei contenuti che nella forma, adattandolo al mercato e al singolo. Prima di entrare nel processo formativo però dobbiamo partire dalle esigenze che oggi ne determinano la necessità. L’Upskilling non è più un’opzione, e dobbiamo rendercene conto; è  il punto di connessione tra la necessità che sia parte dal capitale umano che dall’azienda stessa, e va a risolvere delle problematiche in essere, prima fra tutte quel senso di inadeguatezza che fisiologicamente si prova in un cambiamento costante “delle regole del gioco”.

L’Upskilling diventa “soddisfazione lavorativa permanente” per tutt*

Le grandi dimissioni ci ha messo di fronte ad un fenomeno che racconta molto dell’evoluzione in essere. C’è un forte cambiamento non solo a livello di mercato, sociale, digitale, ma anche del singolo. Sono cambiate le priorità e i valori e questo è un dato di fatto che si ripercuote su ogni singolo ecosistema relazionale e che impatta poi attraverso grandi numeri.

Cambiando i valori, gli obiettivi e la visione del singolo, non possono, dunque, non cambiare le dinamiche sociali, professionali e relazionali anche nel mercato del lavoro. Le regole sono cambiate e c’è chi vive ancora “alla vecchia maniera” rincorrendo solo obiettivi. Il punto è che non è più così che funziona. Dalla verticalità azienda-capitale umano, siamo passati all’orizzontalità. Oggi si desidera uno scambio alla pari, senza disequilibri. E all’interno di questo equilibrio l’energia propulsiva è data dalla crescita. Ma per essere tale questa crescita deve essere appunto bidirezionale e generare senso di adeguatezza costante. 

Le aziende desiderano essere sempre più competitive, ma investono nelle competenze e nell’Upskilling permanente per rimanere tali? L’efficienza e la produttività necessitano di competenze in costante evoluzione legate a strumenti, strategie e nuovi modelli, le stiamo alimentando internamente? E non ultimo, “stiamo coltivando il nostro capitale umano affinché abbia il giusto nutrimento o siamo concentrati a piantare altro, dimenticando di annaffiare”? Il punto è che con il web e con il digitale, è cambiato il nostro approccio verso cose, persone e ambiti. Abbiamo imparato a interconnettere tutto, spesso in maniera inconsapevole. E dunque ci aspettiamo trasversalità interconnessa e non più gerarchizzazione. Siamo nell’era dei “related content” di una visione relazionale e sistemica che forse dobbiamo ancora mettere completamente a fuoco”. E questa è la strada che abbiamo davanti, meglio imparare a percorrerla nel modo migliore e dunque fare l’Upskilling necessario.

L’Upskilling è dunque soddisfazione lavorativa per il team che trova nell’azienda una conferma al proprio valore. E contestualmente per l’azienda che diventa in grado di competere al meglio con consapevolezza e responsabilità, anche attraverso nuove skills fondamentali come la capacità di risolvere più facilmente i problemi quando si presentano.

L’evoluzione passa anche per l’Upskilling con nuove regole e nuove dinamiche

Mi capita spessissimo di dialogare con imprenditori che vorrebbero fare Upskilling nella loro azienda, ma che devono confrontarsi con il contingente. Non sempre è una mancanza di volontà, ma di tempo e percezione. “Se sono in aula (che sia fisica o virtuale) non possono seguire le attività routinarie”. Questo è condivisibile se e solo se, in quelle ore di formazione, non si ha poi una ricaduta immediata sul proprio lavoro di ciò e dunque un beneficio percepito di ciò che si sta apprendendo. Perché se imparo a fare meglio e a rendere più efficace ed efficiente ciò che faccio di solito, allora non è più un pensiero condivisibile. E qui risiede appunto l’importanza del come viene fatto l’Upskilling, ovvero del processo attraverso il quale costruiamo l’evoluzione del nostro capitale umano. 

Oggi tutto è in trasformazione, il cambiamento è la nostra quotidianità, dunque anche la formazione e la relazione didattica: metodo/apprendimento e formatore/discente devono essere ridisegnati. Tutto è in costante mutamento e dunque anche ciascuno di noi, sia a livello personale che professionale. Da discenti abbiamo bisogno di poter applicare immediatamente ciò che si apprende e percepirne i benefici. Questo non significa che la formazione debba essere breve; significa comprendere la necessità di una formazione permanente (oggi il long life learning è fondamentale) fatta di tante piccole tappe che generano una crescita “piccola” ma costante; e soprattutto “tangibile”.

Il progetto formativo oggi  deve essere a medio-lungo termine, un investimento economico e di tempo, fatto consapevolmente e condiviso con il team. La formazione diventa laboratorio permanente, azione, evoluzione, “prova sul campo” che non va assolutamente a svilire la parte teorica, ma la distribuisce in maniera differente in un medio-lungo termine. Mentre l’esercitazione, la prova, l’applicazione diventano attività strategiche e funzionali attraverso simulazioni, casi studio e analisi guidate. Il discente diventa co-responsabile dell’apprendimento (proprio come avviene nella formazione online, si veda E-Learning, comunicare e formarsi online, Anzalone F. Caburlotto F., 2002) e il formatore diventa co-protagonista della formazione con una nuova skill: saper motivare l’aula a lungo termine. Da formatori dobbiamo dunque diventare i primi testimoni di questo Upskilling permanente sia nei contenuti che nella forma.

Si delinea così un nuovo patto formativo tra formatore e discente che diventa un’alleanza nei confronti del mercato. La formazione diventa dunque azione efficace in grado di risolvere, migliorare, competere, posizionare e crescere; ma strutturata su obiettivi precisi e funzionali al business. E dunque un “posso insegnarti questo perché lo faccio quotidianamente, lo vivo ogni giorno e te lo dimostro accompagnandoti passo dopo passo nelle analisi per farti comprendere le operazioni e il beneficio”. Ti dico la formula, ti mostro 3-5 esempi concreti di come si applica, e infine, ti spiego la teoria che sta dietro alla formula. Al posto di teoria lineare a piccoli blocchi teorici, oggi dobbiamo puntare sulla parte laboratoriale che verticalizza la conoscenza. Un micro learning perpetuo che apre e chiude un concetto e ne fa sperimentare operativamente i benefici. Un processo che “ non annoia” e che stimola costantemente all’ “applicabilità” del concetto e dunque a sviluppare, contestualmente, competenze di problem solving. E questo può avvenire se e solo se, il progetto formativo viene adattato ad hoc alla realtà di riferimento. Ecco perché il formatore deve essere operativo e viverne consapevolmente l’applicazione sul campo per aggiornare i casi, i materiali, le attività di simulazione alla platea di discenti.

Dunque l’evoluzione passa anche per l’Upskilling e non solo attraverso di esso, diventando un patto di fiducia permanente. 

In questi 26 anni di esperienza sul campo, sia nelle attività di comunicazione tra servizi, consulenze e prodotti realizzati; sia nella formazione in ambito professionale e come docente accademica ho avuto modo di studiare approfonditamente le dinamiche e le esigenze. Parlare di metodologie didattiche e di evoluzione della formazione ancora oggi mi rende orgogliosa, ma soprattutto curiosa di come determinati aspetti siano ricorrenti e di altri si siano polarizzati. Ho iniziato a disegnare piattaforme per la didattica online nel 1999 per conto dell’Università Ca’ Foscari di Venezia orientate alla costruzione di relazioni a beneficio della comunicazione; ho scritto la mia tesi di laurea su questo approccio. Ho poi pubblicato il mio secondo libro su questo tema e-Learning, comunicare e formarsi online (2002), ho curato la direzione scientifica rivista E-Learning & Knowledge Management, diretto una collana editoriale, contribuito con saggi in volumi accademici e partecipato a progetti e convegni nazionali e internazionali sulla materia. Ma c’è un punto che rimane il perno della mia ricerca e metodologia: la persona con le sue esigenze rimane il centro indiscusso (sia online che offline); ed è con ess* che dobbiamo stringere un patto di fiducia.

 

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